Il “cane di quartiere” è una soluzione al problema dei randagi che vivono in strada: i cittadini possono richiedere al Comune di adottare il cane, garantendogli sicurezza e assistenza sanitaria a spese dell’ASL. Quali requisiti devono avere i cani, e cosa deve fare una comunità per avviare l’adozione?

Dopo la prima legge nazionale sul randagismo, in mancanza di precise norme in materia, è stata demandata a Regioni e Comuni la parziale autonomia sul controllo del randagismo, pur nel rispetto di alcune regole generali.

Cos’è un cane di quartiere?
Per “cane di quartiere” si definisce la particolare condizione di un cane randagio, adottato da parte degli abitanti di una determinata zona (o di un quartiere) che si assumono formalmente l’impegno delle sue cure, veterinarie, sanitarie ed alimentari, pur lasciando integra la sua libertà.

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foto: sxc.hu

Quali sono i requisiti perché un randagio possa diventare cane di quartiere?

  1. Non deve essere un cane aggressivo;
  2. Non deve aver subito segnalazioni in quanto autore di molestie;
  3. Non deve appartenere a razze ritenute pericolose: pit-bull, dobermann, rottweiler, dogo argentino;
  4. Deve sussistere la eco-eto compatibilità del cane nel quartiere dove è inserito;

Cosa bisogna fare per trasformare un randagio in “cane di quartiere”?
Un randagio può diventare cane di quartiere solo dopo aver seguito un preciso iter, che varia da Regione a Regione, proprio in virtù dell’autonomia).

  1. Deve essere condotto presso il canile sanitario, dove deve essere dichiarato clinicamente sano.
  2. Deve essere vaccinato contro le malattie più comuni e sterilizzato chirurgicamente.
  3. Il cane deve poi essere iscritto all’anagrafe canina e tatuato/microchippato a nome del Comune di appartenenza.

Chi deve occuparsi del cane dopo la sua “adozione” da parte del Comune?
Al momento della formale adozione, bisogna nominare un volontario che curi la sua alimentazione, igiene e l’assistenza sanitaria presso le strutture Veterinarie dell’A.S.L. (le spese sono a carico del Servizio Sanitario).

Vista l’autonomia di gestione da parte delle Regioni e dei Comuni, prima di avviare le pratiche di adozione, è opportuno informarsi presso gli uffici sanitari del proprio Comune di appartenenza.