Quante volte, in situazioni di particolare stress, fatica fisica o disagio emotivo, abbiamo desiderato ardentemente di immergerci nella nostra vasca da bagno, nel torpore dell’acqua tiepida dove il rumore si attutisce e i pensieri si fanno solubili e meno pressanti. Gli effetti benefici dell’acqua sono cosa nota e non pensiamo solo al bagno rigenerante alla fine di una giornata faticosa, ma anche al successo delle ormai numerose fisioterapie e tecniche di riabilitazione che si svolgono in piscina.
Oggi c’e’ chi ha pensato che associare l’efficacia terapeutica dell’acqua alle sollecitazioni fisiche e psicoemotive della relazione con un cane, sia una ricetta di sicuro successo. Questa almeno e’ la scommessa del centro diretto da Luigi Rimboldi, centro che si occupa della cura di bambini affetti da patologie psico-somatiche come la dislessia o l’autismo: una pet therapy in piscina per aiutare bambini con difficolta’ relazionali, comunicative e di socializzazione. A noi di Petpassion e’ sembrata un’iniziativa di grandissimo interesse che speriamo si sviluppi e si diffonda.

“Un bagno in piscina per avere un ambiente rilassante e un cane per essere stimolati: sono questi i due ingredienti di un nuovo concetto di pet therapy. E pare che il connubio, sui bambini, funzioni. A parlarne e’ stato Gianluca Bertoja, medico veterinario del ministero della Salute, nell’ambito del congresso internazionale del benessere che si e’ svolto a Roma, presso il Centro Nazionale delle Ricerche (Cnr) che si e’ appena concluso.

L’uso di cani addestrati ed abituati alla presenza dell’acqua riuscirebbe a far socializzare bambini affetti da varie sindromi psico-somatiche. Il centro in cui si pratica questa particolare pet therapy si trova a Ponti sul Mincio, in provincia di Mantova, e i risultati raccolti finora su bambini autistici o dislessici sono positivi.

”L’acqua – ha spiegato all’Ansa Luigi Rimboldi, direttore del centro – favorisce una sensazione di benessere e piacevolezza che mette a suo agio il bambino che si trova nella condizione migliore per interagire con l’animale”. La piscina in cui si pratica questa particolare pet therapy e’ stata costruita apposta e prevede una zona di acqua bassa, meno di dieci centimetri, e una parte, centrale, con l’acqua fino a 60 centimetri per permettere al bambino di stare in piedi. Seguito dai genitori, da un veterinario, da uno psicologo, da un pediatra e da un medico specialista, il bambino passa una intera giornata nel centro per sottoporsi alla pet therapy.
”Questo consente – ha spiegato Rimboldi – di evitare quella pressione che si ha nel caso di terapie che durano solo un’ora”. Prima di tutto, pero’, bisogna verificare che il bambino non abbia problemi ad entrare in acqua. A volte, infatti, per un trauma subito, il bambino non vuole immergersi in piscina oppure non e’ favorevole alla presenza del cane: in questo caso non si puo’ andare avanti. ”Dopo il primo approccio – ha sottolineato il direttore del centro – si decide come proseguire.

Ogni forma di disabilita’ fisica o cognitiva potrebbe trarre beneficio dalla ‘pet therapy’ ma bisogna decidere man mano come proseguire. In ogni caso – ha aggiunto – si tratta di una co-terapia consigliata dai sanitari”. Secondo Rimboldi, ”i migliori risultati si sono avuti con un bambino dislessico che non riusciva a pronunciare le parole intere. L’unico modo per fargli dire un certo vocabolo era quando questo veniva rivolto al cane durante il bagno. Il bambino – ha sottolineato – non ha cominciato a parlare in modo fluido, ma ci sono stati dei progressi nella pronuncia di parole intere che prima venivano dette a meta” (Ansa)