Il sottotitolo di questo libro, scritto nel 2001 da  Rupert Sheldrake -biologo e scrittore di fama internazionale- e pubblicato in Italia da Mondadori, recita: Cani telepatici, gatti che prevedono i terremoti, tartarughe che ritrovano la strada. L’argomento riguarda proprio quelle straordinarie capacita’ dei nostri amici a quattro zampe, alle quali, un po’ per scetticismo, un po’ per disattenzione, diamo troppa poca importanza o ignoriamo del tutto.

Nel libro si parla di cani che deducono da segnali impercettibili l’imminente ritorno a casa del proprio padrone, di cavalli che ritrovano la via di casa anche a chilometri di distanza, cani, gatti, colombi e fagiani che avvertono in anticipo l’arrivo di un terremoto o la prossimita’ di pericoli e calamita’ naturali. Questo filone di ricerca, che interseca etologia, psicologia, biologia e tanta passione per l’universo degli animali, e’ stato inaugurato da Rupert Sheldrake diversi anni fa e ha per oggetto proprio gli straordinari talenti degli animali.

Nel libro l’autore sostiene, per rendere ragione delle formidabili capacita’ comunicative di molti animali, che i membri di uno stesso gruppo sono legati da vere e proprie aree di influenza reciproca, caratterizzate da una memoria collettiva, da modelli di comportamento, adattamento e apprendimento comuni. Sono proprio tali aree di influenza che consentono a cani, gatti, conigli, pappagalli e altri animali di comunicare anche “telepaticamente” tra di loro o con gli uomini.

Sheldrake ha maturato il suo interesse per questo tipo di ricerca attraverso un lungo percorso di vita e di lavoro, le cui tappe salienti sono raccontate nella prefazione. Nelle prime pagine leggiamo dell’infantile fascino esercitato dalla partenza dei colombi viaggiatori, dalla loro liberazione e dal loro inspiegabile senso dell’orientamento, ognuno diretto verso la propria casa lontana.
Seguono le righe dolenti sull’esperienza giovanile come tecnico di laboratorio, con tanto di crude descrizioni degli esperimenti sulle cavie.
Racconta l’autore: “Avevo studiato biologia perche’ amavo gli animali ed ecco dove ero finito. Era una stortura […]; compresi che quel disagio non era solo mio, che non era un destino ineluttabile, […] una scienza meno invasiva e’ possibile ed e’ anche assai meno costosa”.

Ma nel libro si parla soprattutto delle migliaia di persone che riconoscono le doti degli animali, sono capaci di coglierle, perche’ convivono con loro, li osservano con occhi ‘diversi’, piu’ attenti, e desiderano comprenderli.
E, se si arriva alle ultime pagine del libro, e’ inevitabile domandarsi: perche’ gli animali si fidano di noi molto di piu’ di quanto noi ci fidiamo di loro?
(G.M.)